Biografia - Magicoliere Gegè
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Capitolo 1

BIOGRAFIA

 

 

 

 

Questa storia comincia in un polveroso e brullo piazzale di un torrido e ventilato paesino. Pressappoco quattro lustri fa. All’ombra di un tendone, quelli a strisce di un circo, giocolieri, trapezzisti, ballerine, acrobati, clown e mangiafuoco provano e riprovano i numeri che, nel buio del tendone, daranno in pasto al pubblico eccitato della sera. A spiarli da dietro quelle mezze transenne abborracciate c’è un ragazzino secco come un chiodo.

 

In quel corpo leggero come un soffio di vento si muovono i crampi della meraviglia, su quella faccetta ossuta e sveglia, dal tic facile di chi parla soprattutto con bocca, occhi, naso e sopracciglia, si disegna lo stupore. Ne vede dieci, di artisti, e a ognuno dedica il suo fremito concentrato di interesse. Ne conterà più di trenta, alla sera, quando un arcobaleno di luci piroettanti confonderanno tutto e tutti su quel palco di rena dove approdano claudicanti i clown e magnifici gli eleganti giocolieri. Al di là di quella quinta, dietro quel sipario, lui sa che ce ne sono solo dieci. Eppure quella sera ne conterà più di trenta.

 

E poi il circo se ne va. Circo. Cerchio. Circolo. Girare. Girare, fermarsi e partire. Per girare ancora. Ché la magia del tendone è itinerante, se si ferma diventa un posto, una cosa vera, e la magia svanisce. E quel tipetto secco come un chiodo e dalla faccia di mille facce rimane lì, in quel torrido e ventilato paesino, guardando il circo andare via.

 

Indossare la maschera del mètre gli piacerebbe pure. Farsi regalare i sorrisi di gente sconosciuta alle sue improvvisate pantomime gli muove il diaframma delle emozioni e gli regala un pubblico alla bell’e meglio. Eppure. Eppure è poco. Il paesino è torrido e ventilato. E lui sta sempre lì in balìa dello scirocco.

Ancora una volta è la magia a bussare. Miloud e i ragazzi di Bucarest sono arrivati al paesino.
E la maraviglia, la mirabilia, gli scuote di nuovo quelle quattro ossa che lo tengono in piedi a sfidare il vento. Fortuna quella congrega di paese, fortuna quello spazio comune, fortuna Robertino e Luca Fachiro, perché è così che quel ragazzotto secco come un chiodo comincia a sbucciarsi la pelle sui monocicli, a prendere in faccia palle e birilli nel tentativo di farli volare sulla sua testa, a sentire il dolore dei tendini e le contratture dei muscoli nelle evoluzioni di un apprendista acrobata. E fortuna pure Fanelli, il mago dei bimbi, che dall’alto dei suoi capelli bianchi ha lasciato le chiavi dei suoi segreti a quel non ancora uomo secco come un chiodo.

E fortuna delle fortune quella scellerata idea di andare in giro per le piazze di paese con la faccia bianca, naso e labbra rosse, una piccolina stellina sulla guancia, sui trampoli, muto come un pesce. Ché lui parla con bocca, occhi, naso e sopracciglia. Lo applaudono, lo guardano con occhi grandi, è un uomo e sembra un gigante.

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Qualcuno glielo ha pure detto ma vai a lavorare. E lui lo ha preso alla lettera. Prima di tutto andare, per poi lavorare. Ed eccolo In giro per l’Italia, sulle sponde dell’Aniene romano tra i giocolieri della Torre, nel tendone della scuola di circo di Cesenatico, sotto la Mole o la Torre degli asinelli per seguire festival e convention. E imparare, modellarsi, studiare, preparare il proprio corpo secco come un chiodo a creare l’illusione. Consentire al suo diaframma delle emozioni di dare anche una voce a quell’attore da commedia con la bombetta che è un po’ mago e un po’ giocoliere. Che te lo fa vedere quello che sa fare, ma prima vuole giocare un po’ con te.

Viene da un paesino torrido e ventilato. E si chiama Gegè.

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